Beverly Pepper da todi a venezia

Beverly Pepper da Todi a Venezia

VENEZIA | SPAZIO THETIS | 11 MAGGIO – 24 NOVEMBRE 2019

Intervista a MASSIMO MATTIOLI di Milena Becci

La Fondazione Beverly Pepper  quest’anno è presente a Venezia con una mostra, evento collaterale ufficiale della 58. Biennale d’Arte,  Beverly Pepper – Art in the Opena cura del giornalista e critico d’arte Massimo Mattioli che ci racconta i retroscena di una storia iniziata negli anni Settanta che culminerà nell’apertura di un parco di scultura, il Parco di Beverly Pepper, a Todi. Un grande esempio di amore verso il nostro Paese da parte di una grande artista statunitense, nata a Brooklyn nel 1922, e di sostegno reciproco tra la municipalità e l’arte contemporanea.

Come molti sanno Beverly Pepper ha scelto da circa cinquant’anni di vivere tra New York e Todi, tua città di origine. Com’è avvenuto l’incontro con questa grande scultrice americana e con la Fondazione Progetti Beverly Pepper nata in Italia nel 2018?
Todi è una piccola cittadina che, per qualche strana congiunzione astrale, negli ultimi decenni ha visto crescere un’importante e ricca comunità artistica. La prima ad arrivare qui, da Roma, fu nel 1970 proprio Beverly Pepper, affascinata dalla bellezza artistica e monumentale e soprattutto dalla tranquillità che vi regna. Dopo di lei, su suo consiglio, arrivò Piero Dorazio, poi Alighiero Boetti, solo per citare i più conosciuti. Bruno Ceccobelli è originario di qui e vi fece ritorno attratto anche da questo ambiente. È quasi naturale che uno studente che vede solo arte davanti ai suoi occhi, quale ero io negli anni Novanta, entri in stretto contatto con questo stimolante “circolo”: potrei ricordare decine di mitiche cene con questi giganti, concluse a tarda notte fra imperdibili racconti e accesi dibattiti. Io strinsi rapporti più intensi con Dorazio, sul quale mi laureai pubblicando poi un bellissimo libro dei suoi scritti, ma ovviamente conobbi bene anche Beverly e il marito Bill, grandissimo scrittore. In seguito diversi giovani artisti miei amici, da Michele Ciribifera ad Antonio Buonfiglio, entrarono nello studio della scultrice ed oggi animano la Fondazione; sulla scorta di questi rapporti si è sviluppata la collaborazione per un ampio e strutturato programma che Todi ha a lei dedicato.

Quale ponte e legame si è creato tra Venezia, ed in particolare lo Spazio Thetis, sede della mostra da te curata e luogo in cui dagli Anni ’90 sono esposte in modo permanente le originali Todi Colums, donate dall’artista ai Musei Civici di Venezia, e la città di Todi?
Il ponte è creato proprio dalle Todi Columns, quattro sculture monumentali alte 12 metri che Beverly Pepper nel 1979 espose sulla piazza centrale di Todi. Dopo questo allestimento, le “colonne” viaggiarono per mezzo mondo, esposte in diverse città americane, poi a Firenze a Forte Belvedere, poi giunsero a Venezia, allestite nel 1996 su Riva degli Schiavoni, e successivamente furono donate dall’artista ai Musei Civici veneziani che le destinarono in permanenza allo Spazio Thetis. Quest’anno, a quarant’anni dall’esordio, le sculture sono state replicate ed esposte nuovamente sulla piazza di Todi; in seguito saranno spostate in un parco di scultura, il Parco di Beverly Pepper, che esporrà al pubblico 23 grandi opere da lei donate alla città. Da qui l’idea di proporre una mostra a Venezia che valorizzasse gli originali delle Columns, presentando altre sculture dell’artista ed anticipando al pubblico della Biennale i contenuti del parco che sarà l’atto culminante di tutti questi eventi dedicati alla grande scultrice. Oltre che nelle grandi sculture, nel percorso espositivo ci si imbatte nelle fotografie inedite realizzate dal grande Gianfranco Gorgoni che documentano la carriera di Beverly Pepper fin dagli Anni ’70.

Perché è stata fatta questa scelta e che cosa rappresentano questi scatti all’interno dell’intero progetto?
Gorgoni ha seguito e documentato tutta la carriera di Beverly Pepper, per cui ci è sembrato naturale dedicare al grande fotografo uno spazio nel progetto che si è concretizzato in una mostra personale tenutasi in primavera a Todi e poi una sezione della mostra accettata come evento collaterale ufficiale della Biennale di Venezia. Come ho scritto nel testo in catalogo, nell’opera della Pepper Gianfranco riesce a cogliere il kunstwollen, quella consapevole volontà artistica che emerge dalla materia e dalla tecnica, ovvero a immortalare nella sua vis creativa quegli indefinibili tòpoi, quei momenti di grazia che lui archivia da decenni vestendo sculture e installazioni di energie vitalizzanti in spazi metafisici.

Lo scorso 10 maggio, tra le quattro Todi Colums, l’artista Giovanni Gaggia ha realizzato una performance partecipata con il danzatore Leonardo Carletti, vero omaggio all’opera di Beverly Pepper, dal titolo Elementum Aether. Cosa è accaduto e che relazione si è creata tra la scultura e il corpo attraverso l’azione?
Volevo “canonizzare” il ruolo delle colonne come vero fulcro di tutto il progetto espositivo e la partitura performativa ideata da Gaggia ha colto nel segno, dando vita ai quattro grandi totem diventati “motori immobili” delle coreografie animate da Carletti e da una quindicina di giovanissimi performer. Un’azione profondamente sensoriale e coinvolgente, che ha interpretato alla perfezione lo spirito aperto di Beverly Pepper.

Credi che al giorno d’oggi in Italia sia più probabile che un artista riesca a rappresentare e portare nel mondo una città o che, al contrario, sia una città, sostenendo un artista, ad arrivare a fare questo?
Uso forse un luogo comune, ma credo che in un mondo “liquido” come l’attuale – per omaggiare lo scomparso Bauman – sia difficile e dunque raro che si crei una connessione univoca fra un artista e un luogo o anche fra un luogo e un artista. Nel nostro caso – ma le condizioni, come accennavo sopra, sono particolari – si realizzano magicamente entrambe le condizioni che tu proponi: Beverly Pepper da anni rappresenta una bandiera per la città di Todi e ora la città prende coscienza della valenza di questo “sposalizio laico” e si impegna con forza per valorizzare l’artista ed il suo contributo che è anche civico e sociale.

(Articolo di Milena Becci su ESPOARTE del 18/06/2019)
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